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Carne processata: è salutare?

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Wurstel e carni processate

Oggigiorno si ha spesso poco tempo per cucinare a causa di lavoro o altri impegni e spesso si è anche stanchi, così capita di optare per alimenti facili e veloci da preparare pensando erroneamente che siano prodotti proteici e/o considerati più “light”. Tra questi alimenti voglio rivolgere la mia attenzione sulle carni processate, in particolare sui wurstel così tanto consumati sulle nostre tavole.

I wurstel sono insaccati a base di carne: salumi avvolti in un insacco o pellicola che può essere costituito dall’intestino degli animali, oggi costituito più frequentemente da materiali sintetici, o addirittura assente. Sono originari di Austria e Germania con forma di un salsicciotto allungato con all’interno un impasto fine di carne suina (per la maggior parte) oppure bovina, anche se negli ultimi anni sono diventati comuni anche quelli di carne bianca (pollo e tacchino).

In commercio esistono tante tipologie di wurstel, che si differenziano in base alla percentuale di carne contenuta, alla ricetta locale, al tipo di budello, al tipo di cottura, ecc.

I wurstel di elevata qualità sono quelli artigianali, prodotti utilizzando carni pregiate e metodi tradizionali; i wurstel di minore valore e qualità, invece, sono identificati come “wurstel industriali” e spesso si ottengono dagli scarti degli animali che possiedono proteine a minor valore nutrizionale, addizionati di sale o glutammato monosodico per insaporire il prodotto.

I wurstel industriali risultano quindi ricchi di additivi tra i quali ritroviamo in primis i conservanti (soprattutto i nitriti), gli addensanti, gli stabilizzanti (es. polifosfati), gli aromi, gli antiossidanti e così via. Solitamente essi non possiedono il budello di rivestimento e vengono confezionati sottovuoto con pellicole termoretraibili. Dopo il confezionamento subiscono la pastorizzazione (trattamento termico) che è fondamentale per poter abbattere l’eventuale presenza di microrganismi.

Lo IARC (International Agency for Research on Cancer), che fa parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha stilato una classifica secondo i gruppi di cancerogenicità ed ha inserito le carni lavorate, tra cui i wurstel, nel Gruppo 1 (=sostanze in grado di provocare tumori).

L’OMS ritiene che il consumo giornaliero di 50 grammi di carni conservate aumenti il rischio di insorgenza di tumori del 18%, specialmente allo stomaco e al colon-retto.

Tra gli additivi, i più pericolosi sono senz’altro i nitriti (riportati in etichetta anche con la sigla E249 o E250) aggiunti per evitare il rischio di botulismo (intossicazione causata dal batterio sporigeno Clostridium botulinum), e che si trovano attualmente nel Gruppo 2 della classifica redatta dallo IARC.

La pericolosità dei nitriti è data dal fatto che possano reagire con le ammine presenti nell’intestino generando le nitrosammine, le quali sono sostanze cancerogene. Spesso quindi, nelle carni trattate con nitriti o nitrati (da cui poi derivano i nitriti), viene aggiunto anche l’acido ascorbico che contrasta la formazione delle nitrosammine. L’acido ascorbico (sigla E300), più conosciuto come vitamina C, è un antiossidante.

Uno studio scientifico pubblicato nel 2014, ha indagato l’associazione tra il consumo di carne rossa e processata ed il rischio di cancro al seno, prendendo in considerazione anche la supplementazione di antiossidanti. Anche se gli studi inerenti alla questione sono ancora insufficienti, i dati ottenuti suggeriscono che il consumo di carne processata è potenzialmente associato all’aumento di rischio di cancro al seno. Inoltre, lo studio suggerisce che gli antiossidanti possano modulare questa associazione contrastando i potenziali effetti pro-cancerogeni delle carni processate sul cancro al seno.

Come già anticipato, attraverso l’alimentazione spesso si assumono nitrati che nel nostro corpo possono trasformarsi in nitriti. I nitrati infatti si possono ritrovare naturalmente in alcuni ortaggi e verdure, ed in acque minerali naturali come risultato dell’inquinamento di tipo organico, dell’abuso di concimi azotati o a causa dei prodotti utilizzati per la sua disinfezione.

A tal proposito, una pubblicazione scientifica recentissima (anno 2018) tratta di uno studio condotto tra il 1986 e il 2011 su una coorte di donne in menopausa residenti in Iowa, che ha analizzato l’associazione tra il cancro pancreatico e i contaminanti dell’acqua potabile (prodotti di disinfezione) e i nitrati/nitriti assunti tramite il consumo di carni conservate. Dallo studio è emerso che i nitrati non sono associati al rischio di cancro pancreatico, mentre si ha una correlazione positiva con il più alto consumo di nitriti provenienti dall’assunzione di carni processate. In conclusione, i risultati suggeriscono che l’assunzione di nitriti provenienti dalle carni processate potrebbero essere un fattore di rischio per il cancro pancreatico.

Da ciò che è stato detto finora, appare chiaro che è indicato ridurre fortemente il consumo di nitrati, riducendo il consumo di derivati delle carni che li contengono (tra cui i wurstel), di acque minerali naturali con valori medio-alti di nitrati ed avere l’abitudine di consumare gli alimenti contenti nitrati assieme ad un bel contorno di verdure e ortaggi freschi che contengono buone dosi di vitamina C. Alcuni esempi di alimenti freschi ricchi di vitamina C sono: fragole, ribes, kiwi, broccoli, cavolfiori, peperoni, spinaci, uva, lattuga e rucola.

Ma i wurstel di carne bianca (pollo e tacchino) sono più salutari?

Sulle carni bianche lo IARC non si è ancora espresso poiché non sono ancora state sufficientemente indagate, ma in generale si può dire che la qualità è molto scarsa.

Infatti, i wurstel di carne bianca sono generalmente costituiti da carni di pollo e tacchino separate meccanicamente (CSM), da latte scremato in polvere reidratato o solo da acqua, da sale e aromi, da amidi, fibre, esaltatori di sapidità (glutammato monosodico), destrosio, antiossidanti (acido ascorbico), stabilizzanti (difosfati e polifosfati), conservanti (nitrito di sodio).

Tutti questi “ingredienti” presenti nei wurstel industriali di carne bianca ci fanno ben capire che decisamente non sono un alimento leggero e dietetico; inoltre, spesso il consumatore viene ingannato dalla dicitura riportata sulla confezione “senza glutine” o “senza lattosio” pensando che l’alimento sia più salutare!

L’aspetto caratterizzante di questi wurstel è sicuramente la presenza della carne bianca separata meccanicamente (CSM) che appartiene alla categoria delle carni ristrutturate, poiché subiscono delle forti modificazioni per la quale non possono nemmeno essere definiti “carne” in etichettatura grazie alla Direttiva CE 101/2001.

Indubbiamente, la carne separata meccanicamente abbatte drasticamente sia i costi della materia prima poiché è previsto l’utilizzo della carne adesa agli ossi (costato, dorso, ali) e non dei tagli nobili (cosce e petto), che andrebbe altrimenti gettata come scarto di produzione, sia i costi di lavorazione poiché è di facile lavorabilità lungo le filiere produttive. Vengono impiegate presse che sbriciolano, macinano e setacciano le carcasse, ottenendo così un sottoprodotto della lavorazione delle carni caratterizzato dal fatto di essere spalmabile, spesso ricco in lipidi, colesterolo e ferro eme (se vengono lavorate le ossa con midollo), con basso contenuto in proteine, con un’elevata umidità e con un’alta concentrazione di calcio. Inoltre questa poltiglia costituisce un terreno fertilissimo per la riproduzione e lo sviluppo dei microrganismi patogeni, ecco perché la CSM deve sempre essere conservata a basse temperature, deve subire un processo di bonifica attraverso alte temperature e deve essere consumata solo dopo adeguata cottura.

A proposito di lipidi e colesterolo contenuti nelle CSM, uno studio condotto nel 2014 ha evidenziato comele carni processate costituiscano un fattore di rischio per lo sviluppo di diabete, poiché sono state associate ad un incremento nella lipoperossidazione nei pazienti con diabete mellito di tipo 2.

La lipoperossidazione è il processo di degradazione ossidativa dei lipidi, causata dall’interazione tra molecole ossidative reattive libere e atomi di idrogeno presenti nei lipidi della membrana cellulare, che può produrre un danno cellulare.

Questo studio dimostra che il consumo di carne processata è accompagnato da un’alterata risposta dell’ormone gastro-intestinale e da un aumento dei livelli del marker dello stress ossidativo nei pazienti diabetici.

In conclusione, a seguito di tutto ciò che è stato detto finora sulla carne processata, in particolare sulla carne separata meccanicamente e sui wurstel bianchi di tipo industriale, è evidente che non sono sicuramente salutari, soprattutto se consumati regolarmente.

Se si sceglie di consumarli una tantum, è bene scegliere wurstel di qualità, ovvero prodotti con le parti nobili degli animali attraverso filiere artigianali, ma comunque limitarne la quantità.

Consiglio comunque di preferire carne fresca (bianca o rossa che sia) possibilmente biologica e/o grass-fed, alimento molto più salutare e privo di additivi che può comunque essere facile e veloce da preparare.

A proposito di questa ultima considerazione, uno studio scientifico pubblicato nel 2014 e condotto per 15 anni (1998-2012) sulla popolazione svedese ha evidenziato che il consumo di sola carne rossa non processata non è associata ad una più corta sopravvivenza, mentre un alto consumo totale di carne rossa (comprendente il consumo di carne processata), è associata ad una sopravvivenza progressivamente più corta.

 

BIBLIOGRAFIA